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Profezia che si autoavvera. La nostra mente influenza la realtà che viviamo
“Se gli uomini definiscono come reali certe situazioni, esse sono reali nelle loro conseguenze.” [William H. Thomas]
La famosa frase del sociologo statunitense W. Thomas racchiude in poche parole il concetto descritto dalla “profezia che si autoavvera”: se crediamo fermamente che qualcosa sia reale, finiamo per agire come se lo fosse, in questo modo la situazione finisce per diventare reale come conseguenza delle nostre azioni.
Il sociologo Robert Merton fu il primo ad adottare tale concetto definendolo nel 1948 come “una supposizione o profezia che, per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l'avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità”.
La profezia che si autoavvera è uno dei fenomeni più noti della psicologia sociale ed avviene sia attraverso la selezione delle informazioni che finiscono per confermare le idee iniziali, sia perché l’atteggiamento che viene mantenuto incide sulla situazione stessa modificandola come conseguenza. Facendo un semplice esempio, se presumiamo che una persona sia fredda e ostile nei nostri confronti, l’interpretazione di tutti i comportamenti ambigui andranno in tal senso, inoltre probabilmente in risposta a tali comportamenti ritenuti ostili e freddi manterremo di conseguenza un comportamento poco cordiale che, non suscitando simpatia nell’interlocutore, lo porterà a rispondere ‘a tono’ confermando quindi la profezia iniziale.
Robert Rosenthal (1974) effettuò un esperimento che portò alla definizione dell’ "effetto Pigmalione", anche noto come “effetto Rosenthal”. Egli propose a delle maestre di una scuola elementare di effettuare una serie di test preliminari all’inizio dell’anno scolastico agli studenti del primo anno. Consegnò loro dei falsi risultati in cui assegnò casualmente metà studenti al gruppo X e metà al gruppo Y. Alle insegnanti fu detto che i bambini del primo gruppo erano più intelligenti e più portati allo studio, favorendo l’insorgere di specifiche aspettative nei loro confronti. Alla conclusione dell’anno scolastico le votazioni del gruppo X furono effettivamente migliori rispetto a quelle del gruppo Y. Rosenthal concluse affermando che le aspettative degli insegnanti si riflettevano in un diverso atteggiamento nei confronti degli studenti che favorì l’avverarsi della profezia. Parlando più in generale quindi se gli insegnanti credono che un bambino sia meno dotato rispetto ad un altro lo tratteranno, senza rendersene effettivamente conto, in modo diverso, aspettandosi risultati inferiori e motivandolo di meno rispetto ad un bambino che invece potrebbe, nello scenario dell’insegnante, produrre di più.
Questo meccanismo funziona non solo nei confronti delle altre persone, ma anche quando è rivolto a noi stessi. Quando pensiamo che ci capiterà qualcosa di negativo ci comporteremo come se fosse vero e spesso in questo modo finiremo per ostacolare la realizzazione di eventi positivi.
Le nostre convinzioni sulla realtà, positive o negative che siano, rappresentano delle certezze da cui attingere per decodificare nuove situazioni, esse condizionano sempre i nostri pensieri e i nostri comportamenti. La forza del “pensiero positivo” viene spiegata proprio considerando questo assunto di base: se crediamo in noi stessi ed in quello che facciamo metteremo in pratica tutti quei comportamenti che non solo favoriranno il raggiungimento degli obiettivi che ci siamo posti, ma influenzeranno anche chi ci sta intorno che assumerà un atteggiamento ed un comportamento di conseguenza a noi favorevole.
Dott.ssa Alessandra Mirandola
Psicologa-Psicoterapeuta